martedì 25 febbraio 2020

LEA GAROFALO


Ciao, mi chiamo Lea Garofalo e sono nata il 24 aprile 1974 a Petilia Policastro in una famiglia che da sempre è legata alla 'Ndrangheta. A tredici anni ho conosciuto un ragazzo, Carlo Cosco e me ne sono innamorata così tanto da volermi trasferire a Milano con lui, cosciente del fatto che era membro di una delle famiglie della mafia calabrese. Infatti appena poco tempo dopo, è entrato in un gruppo di spacciatori di Quarto Oggiaro, fino a diventare il capo della 'Ndrangheta a Milano. Intanto ho avuto una bambina, la mia piccola Denise, ragione per cui ho cercato lavoro, invano, per far allontanare Carlo dalla mafia e per cambiare vita. Il 7 maggio 1996, con un bliz della polizia nello stabile di proprietà della fondazione del Policlinico occupato abusivamente dalle famiglie calabresi per spacciare, è stato arrestato mio fratello. La mia storia di coppia con Carlo finisce nello stesso anno, quando anche lui viene arrestato. È nel 2002 che ho capito cosa dovevo fare, così sono diventata testimone di giustizia, per poter far luce sulla mia famiglia e su quella del mio ex compagno. Sono entrata in un programma di protezioni testimoni fornendo informazioni riguardo a omicidi di carattere mafioso avvenuti negli anni novanta e mi sono trasferita a Campobasso dove nel 2006 ho perso la tutela di protezione e sono stata costretta a spostarmi in un appartamento trovato da Carlo sempre con mia figlia. Ma c'è stato un problema... La lavatrice non funzionava e al posto dell'idraulico, si è presentato alla mia porta un sicario, che senza l'intervento di Denise che ha chiamato la polizia, mi avrebbe uccisa. Nello stesso anno il mio ex compagno ha deciso di portare mia figlia dagli zii, ma io mi sono rifiutata e le ho dato un appuntamento alla stazione centrale per tornare a casa in Calabria... Quel giorno, il 24 novembre 2009 è l'ultima volta che ho visto mia figlia. Carlo e i suoi due fratelli mi hanno presa, torturata e uccisa con un colpo di pistola, lasciando poi il mio corpo immerso in 50 litri di acido per tre giorni. Sì, sono morta, ma con coraggio, fiera di aver potuto denunciare alcuni giri della mafia.

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